Sono
intitolate a Parigi e a Potsdam due grandi piazze di Berlino, la
prima ben nota in tutto il mondo per aver rappresentato con la Porta
di Brandeburgo il simbolico confine tra Est e Ovest, la seconda per
essere diventata, dopo decenni di abbandono, l'immagine
architettonica della rinascita della nuova-vecchia capitale tedesca.
Le due piazze distano poche centinaia di metri, oggi come un tempo
sono collegate da comode strade e ampi marciapiedi e una folla
variopinta di turisti le visita e le fotografa incessantemente. Il
contrasto è davvero impressionante, se si ricorda che per
decenni la separazione politica le aveva trasformate in luoghi
impraticabili e invisibili, la Pariser Platz, a
Est, a fare da
sfondo alla Porta presidiata dai carri armati sovietici e la
Potsdamer Platz, a Ovest, ridotta a zona di
rispetto, un
terreno incolto di deprimente malinconia.
Nel
dopoguerra, la Berlino occidentale si era trovata priva di un vero
centro e lo aveva inventato nella vasta zona commerciale del
Kurfürstendamm, tra la stazione ferroviaria del Giardino
Zoologico, la Breitscheidplatz con le drammatiche rovine della Kaiser
Wilhelm-Gedächtnis Kirche e la Wittenbergplatz, caratterizzata
dal lussuoso palazzo dei Grandi Magazzini d'Occidente, il Ka-De-We.
La Berlino orientale invece aveva inglobato il Berlin-Mitte, il
quartiere storico che dal XVIII secolo comprendeva i centri del
potere, come lo
Stadtschloss, residenza reale, il Duomo, il
Municipio, i principali edifici di cultura concentrati intorno
all'isola detta dei Musei e le aree popolari intorno ad Alexanderplatz.
Nel 1945 gran parte di questi edifici, a Ovest come a Est,
versava in condizioni miserevoli per gli spaventosi danni inferti dai
bombardamenti aerei e dalle battaglie terrestri.
Pariser
Platz
All'indomani
della riunificazione, negli anni Novanta del XX secolo, i berlinesi
decidono di ricostruire il tessuto urbano distrutto, quasi sempre
mantenendo una qualche coerenza col passato. E laddove si sceglie di
creare qualcosa di completamente nuovo, i piani urbanistici, redatti
da architetti di rango, impongono determinate regole e determinati
princìpi progettuali. La Pariser Platz riprende la struttura
e
la volumetria dei tempi della sua fondazione nel XVIII secolo, una
piazza-salotto aperta a oriente verso il grande boulevard Unter den
Linden e a occidente, attraverso le colonne della Porta di
Brandeburgo costruita nel 1788, verso l'immenso Tiergarten, l'antica
riserva di caccia fuori le mura, oggi vero e proprio Central Park di
Berlino.
Gli
edifici della Pariser Platz sono nuovi, ma in parte riprendono il
loro antico posto: è il caso dell'Akademie der
Künste,
progettata da Günter Behnisch e
Manfred Sabatke e
inaugurata nella primavera del 2005 (vedi figura), dell'ambasciata di Francia di
Christian de Portzamparc e del lussuosissimo
e storico Hotel
Adlon, ricostruito "com'era" prima dei bombardamenti dal
gruppo Patzschke, Klotz & Co.
Gli altri
nuovi palazzi che
si affacciano sulla piazza sono, a destra entrando dalla Porta, la
Haus Sommer, disegnata da Josef Paul Kleihues per
la
Rheinische Hypothenbank, l'ambasciata degli USA ancora in costruzione
progettata dallo studio Moore, Ruble & Yudell,
la sede
della Deutsche Genossenschaft Bank firmata da Frank Owen Gehry,
l'Accademia e l'albergo; a sinistra sono stati costruiti uffici e
residenze prestigiose, nell'ordine la Liebermann Haus ancora di J. P.
Kleihues per la Landesbank Berlin, la sede della Dresdner Bank opera
del gruppo Gerk, Marg & Partner, la citata
ambasciata di
Francia e un palazzo a destinazione mista di Ortner &
Ortner.
La
presenza altamente simbolica in questo sito delle ambasciate dei
paesi alleati che occuparono la Germania durante gli anni della
Guerra Fredda, è completata da quella inglese, opera di
Michael Wilford, che confina con l'Adlon e
ha la facciata
sulla Wilhelmstrasse, e da quella russa, ex-sovietica, più
volte ingrandita e rimaneggiata, che si trova su Unter den Linden
poche decine di metri prima della Pariser Platz. Le nuove ambasciate
nella nuova Berlino hanno rappresentato di fatto uno stupefacente
banco di prova e, se si vuole, di competizione tra i più
noti
architetti del mondo. Sono state edificate o riedificate in quartieri
storici, oppure inserite in contesti architettonici appositamente
definiti dal governo locale; molte quindi si trovano nel settore
orientale, altre in spazi nuovi, di norma aperti, come gli ampi viali
intorno al Tiergarten. In attesa di poter vedere l'effettiva
realizzazione dell'ambasciata statunitense, che ha subìto
ritardi legati anche a problemi di sicurezza, nella Pariser Platz
l'ambasciata di Francia, che si specchia nei grandi cristalli
dell'accademia di Behnisch e nella apparente classicità
della
banca di Gehry, propone all'esterno una facciata in chiaroscuro,
nitida ed elegante e all'interno spazi luminosi e aperti, dal
sofisticato arredo.
Più
insolita, ma in linea con l'attuale tendenza berlinese ai prospetti
vetrati, l'Accademia di Behnisch si presenta come un contenitore
trasparente, in qualche modo simile a un edificio di spettacolo, come
un teatro o un cinema. L'ingresso ha il pavimento in salita e una
vasta superficie libera con una accogliente libreria e un
caffè.
I piani superiori, dove si trovano le sale espositive, una biblioteca
aperta al pubblico e gli uffici, si affacciano in parte sulla hall;
nel grande complesso sono anche stati conservati e restaurati alcuni
ambienti e infrastrutture della vecchia accademia, sopravvissuti alle
bombe. L'edificio distrutto risaliva all'inizio del Novecento, quando
Ernst von Ihne aveva ristrutturato e
ingrandito un palazzo
residenziale del Settecento per farne l'Accademia delle Arti. Nel
1937 l'architetto di Hitler, Albert Speer, si era
installato
qui con la sua "Generalbaudirektion" (ufficio direttivo per
l'architettura).
L'Accademia
confina con la Banca di Gehry, l'architetto americano universalmente
noto per il Museo Guggenheim di Bilbao e per le sue invenzioni
sorprendenti e paradossali, spesso ironiche. Qui l'esterno
dell'edificio, anche nel retro residenziale che si affaccia sul
Monumento per l'Olocausto, è
regolare, simmetrico,
quasi banale viste le tendenze stilistiche di Gehry. Non possono
passare inosservati tuttavia l'uso e la politezza dei materiali, in
particolare della pietra di Vicenza, la stessa di Palladio, e la
particolare enfasi sul telaio d'acciaio delle finestre aggettanti
nella facciata posteriore.
L'interno
del palazzo, che oltre alla banca ospita al piano sotterraneo un
casinò e sul retro una quarantina di appartamenti,
è
sorprendente: il visitatore si trova in un vasto cortile coperto che
non sembra appartenere al palazzo in cui è entrato. Le due
quiete facciate in realtà chiudono tra di loro, quasi
serrandolo, un interno viceversa imprevedibile, coperto da una rete
metallica che sembra espandersi come una ragnatela su una superficie
di quasi 2000 metri quadrati. Al centro, raggiungibile con delle
passarelle, una sala per conferenze esternamente di acciaio e
internamente di legno sembra fluttuare tra il piano terreno e il
piano sotterraneo, e presenta la forma del tutto spiazzante di un
gigantesco pesce. Altre due grandi membrane sono usate per separare
la banca dal casinò e dalla zona residenziale.
Si
manifesta ancora una volta nell'arte di Gehry il contrasto tra masse
opache e superfici trasparenti: l'edificio chiude in se stesso, come
una scatola rigida e monumentale, la fantasia e l'ariosità
della vita. Sicuramente, un'analisi approfondita del progetto
porterebbe a una lunga e complessa elencazione e definizione di
elementi costitutivi, spesso d'acciaio e spesso legati a una visione
plastica dell'architettura, con connotazioni high-tech, che ha pochi
confronti nella produzione mondiale odierna.
Potsdamer
Platz
Spostandoci
verso Sud, passata la Porta e imboccata la Ebertstrasse che costeggia
il citato Monumento agli ebrei assassinati, ci
troviamo in
una zona ancora in parte in costruzione, destinata alle
rappresentanze nella capitale dei vari länder federali. In
costruzione è anche la ottagonale Leipziger Platz, secondo
un
piano urbanistico firmato dal compianto Aldo Rossi, accanto alla
Potsdamer Platz. In realtà, quest'ultimo nome viene
popolarmente esteso a una vasta area intorno alla piazza vera e
propria, caratterizzata da attività commerciali, ricreative
e
di rappresentanza.
Qui
ormai da qualche anno molti berlinesi e molti visitatori si ritrovano
per lo shopping negli oltre cento negozi delle Arkaden, per il cinema
nelle otto sale sotterranee del Sony Center e dell'Imax o per uno
snack in uno dei tanti posti di ristoro. La Potsdamer Platz
è
sede di un gran numero di uffici, popolata quindi da migliaia di
impiegati e destinata, se i prezzi proibitivi non impediranno la
vendita o l'affitto degli appartamenti, ad ospitare anche una
notevole componente residenziale. Le infrastrutture di cui è
dotata quest'area sono in parte nuove, come la grande stazione della
metropolitana e delle ferrovie regionali e la galleria
automobilistica che, passando sotto il Tiergarten, la
collegherà
ai quartieri settentrionali. Le strade interne sono di larghezza
limitata e non consentono, volutamente, alte velocità alle
automobili, mentre è molto più comoda la vita dei
pedoni, che trovano marciapiedi, panche e percorsi coperti disegnati
apposta per le loro esigenze in tutte le stagioni.
Da
quando il progetto del nuovo quartiere è stato reso pubblico
sono trascorsi più di 10 anni. La superficie interessata era
di circa 150.000 metri quadrati, vale a dire 15 ettari un tempo
abbandonati a ridosso del muro e confinanti con le straordinarie
emergenze, datate anni Sessanta, della Philarmonie e della Biblioteca
di Hans Scharoun e della Neue Nationalgalerie di Ludwig
Mies van der Rohe. Internamente è stata divisa,
per la
progettazione, in quattro settori intitolati alle ditte che vi hanno
profuso impegno e denaro:
* l'area
Debis, di quasi 7 ettari, è della Daimler Benz ed
è stata affidata come impianto urbanistico a Renzo
Piano e a Christoph Kohlbecker, come
architetture agli stessi e anche a Richard Rogers, Arata
Isozaki, Hans Kollhoff, Joséf Rafael Moneo;
* l'area
Sony Center, di quasi 3 ettari, comprende il palazzo della Sony, il
Museo e il Palazzo del cinema, alcune sale di proiezione, altri palazzi
di residenze e di uffici, tra cui il grattacielo delle Ferrovie
Tedesche; è caratterizzata dalla piazza coperta da un tendone
obliquo di quattromila metri quadrati, opera di Helmut Jahn;
* l'area
Asea Brown Boveri, di un ettaro e mezzo, è stata affidata a Giorgio
Grassi, autore anche dei progetti, per case e uffici, insieme
a Diener, Schweger e Sawade;
*
l'area Lennè
Dreieck, di 2 ettari e mezzo, è ancora parzialmente in
costruzione e comprende varie banche e alberghi firmati da Kollhoff & Timmermann, da Hilmer & Salmerg e da altri.
Si
arriva in Potsdamer Platz e sembra di essere in un luogo a
metà
tra esibizionismo consumista e pura ricerca architettonica. La
critica militante ha spesso commentato con asprezza l'eccessiva
saturazione e commercializzazione di queste superfici un tempo vuote,
ma anche, qualche tempo prima, egualmente piene. La memoria della
quarantennale separazione di due città che erano una
città,
secondo questo punto di vista, non dovrebbe essere cancellata o,
forse, lo potrebbe con mezzi meno pacchiani e più sobri
nella
forma. E' soprattutto l'apparente americanizzazione del tessuto
urbano a determinare queste critiche: Berlino, capitale e cuore della
Mittel Europa, non deve trasformarsi in una New York tedesca. D'altro
canto, nessuna città occidentale ha potuto vivere un simile
festival di sperimentazione e di innovazione architettonica, non
lasciato alla libertà dei singoli, ma controllato con
estrema
cura dall'amministrazione locale, i cui esiti sono complessivamente e
letteralmente straordinari. Difficile trovare un nome di un grande
architetto che non abbia lavorato a Berlino in questi ultimi 20 anni!
Nella
Potsdamer Platz almeno due progetti sono davvero memorabili, il
grattacielo di Kollhoff dalla matrice classicista e profondamente
berlinese e il singolare e popolare tendone di
Jahn, opere che
si sono rivelate un riferimento formale non solo per altre rilevanti
architetture internazionali, ma anche per interventi locali di
progettazione e ristrutturazione.
Hans
Kollhoff è un personaggio fuori dagli schemi nel panorama
dei
maggiori architetti mondiali. Nato in Turingia nel 1946, è
stato allievo di Hans Hollein e dal 1978 lavora a
Berlino.
Nelle sue conferenze e nei suoi testi Kollhoff, che è anche
docente di progettazione a Zurigo, adotta un particolare sottotono e
sembra voler restituire all'architettura quelle funzioni
eminentemente pratiche e utilitaristiche che molto decostruttivismo e
postmodernismo le negano, nel nome di pretesi contenuti simbolici,
concettuali o tecnologici. Lo stile di Kollhoff è quindi
massiccio, solido, e in questa chiave si potrebbe forse ricollegare,
oltre che alla tradizione prussiana, alle tendenze della Chicago di
fine Ottocento e dei suoi primi grattacieli. I rivestimenti usati
sono poi parte integrante della sua eleganza, piastrelle o intonaci
colorati di gusto quasi rinascimentale, che donano lucidità
e
nettezza alle forme squadrate dei suoi edifici. Il grattacielo
Daimler Chrysler a Berlino, detto anche la Kollhoff-Tower, concluso
nel 1999 e alto 100 metri, si staglia come un articolato pilastro
all'ingresso dell'area della Potsdamer Platz, in mezzo alle torri di
Renzo Piano e di Helmut Jahn, e rappresenta un segno tangibile della
semplicità e della forza espressiva che ancora oggi possono
ottenere scelte formali desunte dalla tradizione. Levigato e semplice
nella regolarità delle ampie finestre aperte sui piani di
facciata, colorato dalle ceramiche marroni legate alla tradizione
cromatica berlinese, il palazzo si armonizza con tutti gli altri
elementi del grande complesso urbanistico e ne diventa in qualche
modo un perno, per nulla enfatico e del tutto essenziale.
Le
tre torri che creano una simbolica porta d'ingresso del nuovo
quartiere verso Berlin-Mitte si trovano ciascuna sul bordo di un
progetto molto più ampio ed esteso. La massiva torre di
Kollhoff al centro e a sinistra quella di Piano, dal bordo tagliente
e trasparente, chiudono l'articolata sequenza degli uffici della
Daimler, aperta verso il Landwehrkanal e verso la Neue
Nationalgalerie da un altro grattacielo sempre di Piano. A destra la
torre delle Ferrovie Tedesche sembra fare da contraltare visivo alla
torre di Kollhoff; è la popolarissima DB-Tower dalla
volumetria suggestivamente curva e totalmente vetrata, appartenente
al Sony Center di Helmut Jahn, dal punto di vista turistico la
principale attrazione della nuova Potsdamer Platz.
Il
tendone immenso di oltre 4000 metri quadrati che copre il Forum, la
piazza nella quale si affacciano ristoranti, caffè, uffici,
negozi e un drammatico frammento architettonico, la Kaisersaal in
puro Jugendstil del distrutto Hotel Esplanade, appositamente portata
qui (si trovava a 70 metri di distanza), rappresenta il fatto tecnico
più ardito dell'intero quartiere. Jahn, americano di origine
tedesca, nato a Norimberga nel 1940 e laureato a Chicago, non
è
nuovo a queste imprese un po' circensi. Nella sua lunga e
intensissima carriera, ha costruito grandi infrastrutture in tutte le
parti del mondo e a Monaco di Baviera ha progettato un aeroporto che
in buona parte risulta coperto da avveniristiche tende di vetro; qui
a Berlino è anche l'autore del nuovo centro commerciale,
naturalmente trasparente, vetratissimo e dai contorni affilati che,
circondando lo storico caffè Kranzler, ha scandalizzato i
vecchi berlinesi.
Nel
Sony Center, Jahn ha affrontato, con l'aiuto tecnico di Werner
Sobek, un tema urbano millenario, la piazza, e ne ha dato una
versione fortissima e colossale, inoltrandosi in una dimensione
stilistica che ancora deve essere catalogata dai critici e dagli
storici. Jahn stesso parla di entertainment e di virtualità,
e
forse la sua architettura rappresenta il primo autentico esempio
della maniera del XXI secolo, laddove la
televisione, il
cinema, lo spettacolo, la folla, i reality-show, sono protagonisti e
artefici di strutture promiscue, accoglienti, caotiche, inutili. La
piazza di Jahn è di fatto un teatro cosmopolita, le cui
quinte
sono le facciate interne di palazzi commerciali, enormi schermi
sovrastanti gli attori, che sono gli spettatori stessi. Fatta di
vetro e acciaio, a forma di imbuto rovesciato e inclinato sul proprio
asse di simmetria, la copertura del forum è un miracolo
tecnico legato soprattutto all'uso di vetri laminati, tenuti insieme
da un anello d'acciaio alla base e da un cono in cima. La copertura
diventa allora l'architettura per eccellenza, che copre e ripara dal
sole o dalla pioggia e che, cambiando colore sia per il variare delle
ore e del clima sia per un giocoso sistema di illuminazione
elettrica, desta la sorpresa e l'ammirazione della folla.
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